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Jüdisches Museum
Il Museo Ebraico (o Jüdisches Museum) è un progetto di Daniel Libeskind sito a Berlino, in Germania. E’ una struttura che rappresenta con le sue mostre temporanee e permanenti due millenni di storia degli Ebrei in Germania. L’utilizzo di questi edifici come Museo Ebraico comincio in concomitanza con l’inaugurazione dell’opera di Libeskind. Il museo originario era difatti sito in altra zona, e venne chiuso dal regime nazista nel 1938. Sotto tutela della Germania dell’Ovest nel 1971 si pensò alla riapertura, nel 1975 nacque un comitato e nel 1988 venne lanciato il relativo concorso di architettura. Nell’aprile successivo si annunciò vincitore il progetto di Daniel Libeskind, architetto nato in Polonia ma presto trasferitosi in Israele e successivamente in America. L’inaugurazione del Museo avvenne l’11 Settembre 2001, data che tristemente ricordiamo per l’attentato al World Trade Center.
CARATTERI TIPOLOGICI E DISTRIBUTIVI
Questo progetto riguarda l’ampliamento del Museo di Berlino, e si collega ad esso mediante dei passaggi sottoterranei. Partendo dal barocco Kollegianhous, un’edificio del 1753 di Philipp Gerlach parzialmente distrutto durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruito nel 1963, si arriva all’edificio principale, dalla forma particolare, mediante dei passaggi sottoterra. La struttura è distribuita mediante tre corridoi tematici che conducono alle parti del complesso, nello specifico verso le sale espositive dell’edificio principale, verso il Giardino dell’Esilio e verso La Torre dell’Olocausto.
Il Museo, nell’area principale, dove si trovano le sale espositive, ospita la storia degli Ebrei in Germania. Si conforma mediante la sovrapposizione di due elementi grafici di per se contrastanti, e la mutualità di queste geometrie è elemento fondativo formale del progetto. Questa interazione tra forme si manifesta nella convivenza di una linea irregolare, frastagliata, saettante e una linea dritta, che viene tagliata nello zigzagare della precedente. Da qui Libenskind battezza il progetto “Between the lines“. Questo schema diventa politica distributiva, genera la divisione degli spazi espositivi, che però rimarranno lasciati vuoti per diversi anni dopo l’inaugurazione. Vi sono inoltre alcune zone interstiziali, o Void, che non sono percorribili tranne una, dove si trova un’installazione dell’artista israeliano Menashe Kadihman, “Shalechet”.
L’illuminazione interna avviene con la luce naturale, mediante delle feritoie diagonali apparentemente casuali che attraversano le facciate dell’edificio principale, coperte da lastre zincate. Il tutto a conferire all’edificio un’analogia ai lager, intesi come luoghi cupi e sinistri. All’interno vi sono degli spazi, di cui alcuni non accessibili, che richiamano la stessa chiave grafica, mediante delle feritoie su superfici nude verticali in cemento armato.
Proseguendo in un’altro corridoio sotterraneo è possibile accedere al Giardino dell’Esilio. Il Giardino ETA Hoffmann rappresenta la fuga verso l’esilio. La poetica espositiva di questo concetto si concretizza mediante una sensazione di disorientamento provocata da un pavimento sconnesso, e la percorrenza attraverso 49 grandi steli inclinati in cemento armato sopra i quali son piantati dei Gelsi. Queste grandi colonne inclinate si possono esplorare all’interno, con un’intensa e guidata quinta verso il cielo, diradato ed offuscato da queste piante.
Altro ed ultimo corridoio porta alla Torre dell’Olocausto. Una struttura dalla sembianza monolitica e dal tono inquietante che si prende carico della narrazione sulla privazione della libertà. Questo spazio è progettato mediante una figura irregolare cava alta 20 metri, dal tono austero e ostile. Rappresenta la prigionia in una stanza all’interno di uno spazio chiuso e buio.
ULTERIORI CONSIDERAZIONI
Il Museo Ebraico di Berlino è senza dubbio uno dei progetti più riusciti di Daniel Libeskind. Gli conferisce fama internazionale e diventa una delle architetture simbolo di Berlino. Si amplierà negli anni seguenti in step progettuali differenti. Vi saranno altri due progetti, difatti, successivi, che riguarderanno altri ampliamenti del Museo di cui si parlerà in altri articoli, sempre ad opera di Libeskind. Architetto di cui il linguaggio è fortemente mediato da componenti letterarie, musicali e filosofiche, esplicate in senso astratto. Questa direzione si intona bene con il tema intellettuale del Museo (il primo, di suo progetto). La chiave evocativa è lampante e si inserisce in un’esperienza di stupore e soggezione. Il Museo è un tipo architettonico molto particolare. E’ una architettura difatti che esiste per esporre opere, in modo temporaneo e permanente, ma esiste anche come organismo autonomo, esposizione di se stesso. Questa considerazione è alla base del discorso progettuale di questa tipologia, per poi eseguire delle considerazioni sul districarsi nei percorsi, nelle narrative, negli spazi interstiziali. Il Museo Ebraico di Berlino è un buon esempio di narrazione, anche drammatica e tragica. L’indicazione, o se vogliamo l’accompagnamento, a un percorso relativo ad una storia importante, ricca di vicende anche dolorose e incomprensibili della nostra umanità.
VISTA AEREA
SCHIZZI DI PROGETTO
DISEGNI
DESCRIZIONE DELL’AUTORE
Il Jewish Museum di Berlino, aperto al pubblico nel 2001, espone la storia sociale, politica e culturale degli ebrei in Germania dal quarto secolo ad oggi, presentando e integrando esplicitamente, per la prima volta nella Germania del dopoguerra, le ripercussioni di l’Olocausto. Il nuovo edificio è ospitato accanto al sito dell’originale edificio prussiano della Corte di giustizia che è stato completato nel 1735 e ora funge da ingresso al nuovo edificio.
BIBLIOGRAFIA
- Sacchi, L., Daniel Libeskind. Museo ebraico, Berlino. Milano: Testo & Immagine
- Biraghi M., Storia dell’architettura contemporanea 2, Torino, Giulio Einaudi Editore S.p.a.
- AA.VV. (2011) Atlante di Architettura:2, Milano, Hoepli
- Watkin, D. (2012) Storia dell’architettura occidentale, Bologna, Zanichelli
LINKS ED ALTRI CREDITI
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